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Che impatti può avere il microbiota sulla performance di un atleta?

Tempo di lettura stimato: 4 minuti

In questo articolo approfondiremo il ruolo del microbiota umano, ovvero l’insieme dei microrganismi che vivono in simbiosi con il nostro organismo.

Il microbiota, a fronte di un numero sempre più elevato di report scientifici, può essere considerato uno dei fattori principali in grado di influire sulla salute dell’uomo.

I fattori e le variabili che influiscono sul microbiota di un uomo sedentario possono però essere diverse rispetto a quelle di un atleta.

Se parliamo di attività fisica, la maggior parte degli studi, ha per ora osservato l’effetto che l’esercizio fisico (a diversi livelli) può avere sul microbiota.

Tali studi riportano in primis come esistano differenze tra microbiota di un individuo sedentario rispetto a quello di un atleta. Ad oggi abbiamo invece pochi dati riguardanti le possibili relazioni tra microbiota e performance dell’atleta. Uno studio in tal senso è stato ad esempio condotto su ratti: i risultati evidenziano implicazioni dirette sulla performance in funzione del microbiota (endurance swimming time) e vengono riportate in particolare differenze nella risposta enzimatica allo stress ossidativo,(i).

Andiamo ad analizzare più nello specifico i possibili impatti del microbiota sulla performance di un atleta attraverso 4 punti.

1- Metabolismo energetico.
Un adeguato regime dietetico associato ad una flora microbica intestinale equilibrata favorirà la produzione, al termine di processi fermentativi di acidi grassi a corta catena (SCFAs) in grado di influire in maniera positiva su diversi pathway metabolici (es: leptina, GLP-1…).

2- Risposta Immunitaria.
L’esercizio fisico provoca una risposta infiammatoria in maniera dose dipendente.

In particolare, l’organismo umano sembra essere in grado di adattarsi in maniera relativamente rapida a specifici carichi di allenamento nel tempo (in cronico) ma subire l’impatto di aumenti improvvisi (in acuto) del carico di lavoro e stress (ii). Esiste di fatto una sorta di “finestra”, durante la preparazione di un atleta, che solitamente coincide con la competizione, in cui lo stesso viene esposto ad un rischio più elevato da un punto di vista immunitario (immunosoppressione), ed in particolare di contrarre infezioni del tratto respiratorio superiore (URTI). Prendiamo ad esempio un maratoneta in preparazione per un’olimpiade, oltre allo stress della competizione subirà quelli relativi a viaggio, cambiamento delle condizioni ambientali, sonno e fuso orario > finestra immunosoppressione > URTI (iii).

Alla base di tutto ciò vengono identificate variazioni nella permeabilità intestinale, causata da più fattori (es: ipertermia tissutale, riduzione dello spessore del muco intestinale…) che si verificano durante un’attività fisica intensa.

Il livello di lipopolisaccaride (LPS) analizzato prima e dopo una competizione di triathlon raggiunge ad esempio il suo picco nella prima ora post-esercizio, indicando un aumento della permeabilità intestinale in seguito/durante un’attività fisica intensa (iv).

L’aumento della permeabilità intestinale può determinare il passaggio di patogeni ed endotossine dall’epitelio intestinale al circolo ematico.

Per combattere questo fenomeno, il microbiota intestinale e i metaboliti prodotti dallo stesso (es: SCFAs) possono andare a ridurre la permeabilità e inibire le citochine pro-infiammatorie.

3- Stress Ossidativo.
Il tratto gastro intestinale è sede di una serie di reazioni metaboliche che annoverano tra i prodotti finali specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto (RON e RONS), tali metaboliti pro infiammatori vengono contrastati da sistemi enzimatici e non enzimatici. Durante esercizio fisico intenso la produzione di questi metaboliti e citochine aumenta e, per mantenere elevato il livello della performance e/o favorire le funzioni di recupero dovrà essere gestito al meglio l’equilibrio redox (bilanciamento tra fattori pro ed anti ossidanti). Questo equilibrio può essere legato alla composizione della flora microbica intestinale (v)

4- Idratazione.
Il microbiota ha in maniera indiretta anche un impatto nel determinare lo stato di idratazione dell’atleta, influenzando la produzione di muco e il trasporto di soluti, e, considerando tutti gli stressor a cui un atleta è sottoposto.
Una flora microbica intestinale equilibrata permetterà un adeguato riassorbimento di acqua e assorbimento di soluti determinando una miglior o peggior idratazione dell’atleta.

La personalizzazione e periodizzazione dietetica e dei carichi di lavoro si dimostra ancora una volta uno dei pilastri per salvaguardare la salute dell’atleta e per esprimere il massimo della performance dello stesso.

Conosciamo ancora poco riguardo ad una possibile trattamento a base di probiotici per migliorare la performance dell’atleta, tuttavia le evidenze ad oggi riportate ci forniscono uno spunto per riflettere una volta di più sulle tantissime variabili da considerare nel mondo dello sport.

Scritto in collaborazione con Dott. Leonardo Cesanelli

Referenze:
i Yi Ju Hsu et al., ‘Effect of Intestinal Microbiota on Exercise Performance in Mice’:, Journal of Strength and Conditioning Research 29, no. 2 (February 2015): 552–58, https://doi.org/10.1519/JSC.0000000000000644.
ii Vernon Neville, Michael Gleeson, and Jonathan P. Folland, ‘Salivary IgA as a Risk Factor for Upper Respiratory Infections in Elite Professional Athletes’:, Medicine & Science in Sports & Exercise 40, no. 7 (July 2008): 1228–36, https://doi.org/10.1249/MSS.0b013e31816be9c3
iii David C Nieman and Jerry W Lee, ‘Infectious Episodes in Runners before and after the Los Angeles Marathon’, n.d., 15.
iv A. E. Jeukendrup et al., ‘Relationship between Gastro-Intestinal Complaints and Endotoxaemia, Cytokine Release and the Acute-Phase Reaction during and after a LonDistance Triathlon in Highly Trained Men’, Clinical Science 98, no. 1 (1 January 2000): 47–55, https://doi.org/10.1042/cs0980047.
v Jianxiong Xu et al., ‘Regulation of an Antioxidant Blend on Intestinal Redox Status and Major Microbiota in Early Weaned Piglets’, Nutrition 30, no. 5 (1 May 2014): 584–89, https://doi.org/10.1016/j.nut.2013.10.018.